Riprendo da Repubblica questa bella lettera resa pubblica, scritta da un prete genovese don Piero Farinella al proprio vescovo, Bagnasco. Condivido in pieno l’analisi e le conclusioni che trae. Oso presumere che le stesse parole sarebbero potute uscire quarant’anni fa dalla penna di un don Milani, o ancora piu’ indietro da un Lutero, o da un san Francesco. La storia si ripete, ma alla fine la memoria dei singoli e delle organizzazioni e’ corta, e l’apprendimento dagli errori del passato e la lucidita’ e il coraggio di esprimersi liberamente latitano.
Riporto qui i pezzi salienti.
…Mi ha colpito la delicatezza, quasi il fastidio con cui ha trattato – o meglio non ha trattato – la questione morale (o immorale?) che investe il nostro Paese a causa dei comportamenti del presidente del consiglio, ormai dimostrati in modo inequivocabile: frequentazione abituale di minorenni, spergiuro sui figli, uso della falsità come strumento di governo, pianificazione della bugia sui mass media sotto controllo, calunnia come lotta politica.
Lei e il segretario della Cei avete stemperato le parole fino a diluirle in brodino bevibile anche dalle novizie di un convento. Eppure le accuse sono gravi e le fonti certe: la moglie accusa pubblicamente il marito presidente del consiglio di “frequentare minorenni”, dichiara che deve essere trattato “come un malato”, lo descrive come il “drago al quale vanno offerte vergini in sacrificio”.
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Lei, sig. Cardinale, presenta il magistero dei vescovi (e del papa) come garante della Morale, centrata sulla persona e sui valori della famiglia, eppure né lei né i vescovi avete detto una parola inequivocabile su un uomo, capo del governo, che ha portato il nostro popolo al livello più basso del degrado morale, valorizzando gli istinti di seduzione, di forza/furbizia e di egoismo individuale.
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Io e, mi creda, molti altri credenti pensiamo che lei e i vescovi avete perduto la vostra autorità e avete rinnegato il vostro magistero perché agite per interesse e non per verità.