Puccini Marathon: il bello di una corsa.

E cosi’ ci fu infine la corsa. La Puccini (half) Marathon. Dopo la pioggia del giorno precedente, un bellissimo sole ci ha accolto al mattino della domenica alla partenza, a ridosso del Lago di Massaciuccoli, a Torre del Lago. Diverse centinaia di persone, il sole di gennaio che lento scruta ogni angolo, ogni albero, viso e casa.

Logo Puccini Marathon

Qualche giro di corsa per riscaldarmi i muscoli, lo stretching che oltre alla necessita’ assume anche un ruolo secondario scaramantico, di concentrazione: le ore passate ad allenarsi oramai sono finite nelle gambe, nel cuore, nella testa – non rimane altro che concentrarsi per tirarle fuori durante la corsa, passo dopo passo, chilometro dopo chilometro.

I soliti tipi attorno: dai (pochi) minimalisti, corridori per il puro piacere di correre ai super-tecnologici in collegamento diretto con i satelliti per conoscere tempi, posizioni, medie – gli amici delle polisportive, qualcuno gia’ in maschera per il carnevale. Mi piace molto correre, mi piacciono le gare e la sfida con i miei limiti: gareggiare in gruppo? si, anche se alla fine si perde un po’ del fascino della concentrazione, dell’ascoltarsi durante il percorso.

Tre, due, uno: partenza! Il serpentone inizia veloce a snodarsi lungo il viale che dalle rive del lago va fino al paese – gli altoparlanti emettono le pucciniane note di Nessun dorma (che altro?), che danno una carica e una emozione al pari di una barretta di destrosio…. e poi i chilometri si allungano, la media che tengo e’ veloce, in linea con le aspettative – e continuo.

I piedi, le gambe, il corpo tutto risponde bene in una lieta fatica che si allunga lungo il percorso: primi venti minuti, secondi – proseguiamo per il viale dei Tigli, bellissimo cammino alberato parallelo all’Aurelia e alla costa. Ancora chilometri, tutto prosegue bene – il ritmo e’ costante, il passo non e’ pesante e il fiato e’ armonioso. E gia’ si incrociano i primi che stanno tornando indietro – la loro media fara’ si che raggiungeranno il traguardo poco dopo l’ora… E si continua.

Ancora chilometri, siamo oltre la meta’ , i tempi sono nella media stimata – un po’ di fatica inizia ora a sopraggiungere, il passo si appesantisce accorciando la falcata – ancora cinque chilometri e poi ci siamo. Attacchiamo il tratto lungomare, passando sulla strada che costeggia i locali in riva al mare. Mi raggiunge un gruppetto con il pacemaker in testa: e’ quello di 1h 45′ … all’andata lo avevo superato troppo velocemente, ora mi supera incitanto come una chioccia il suo gruppetto che lo segue fedelmente. Sento che la stanchezza cresce nelle gambe, il mio muretto sta arrivando – ma non mollo, mi accodo anch’io forzando il ritmo al loro.

Ultimo chilometro, ultimo sforzo – per tagliare a 1h 44′ 34″ – abbassando cosi’ di circa dieci minuti il mio record. La gioia di avere corso, la gioia di essere arrivato e, certo anche quella – la gioia di essere migliorati!

Bella corsa, dopo la neve.

Dopo la nevicata, breve ma intensa, di ieri oggi e’ una bellissima giornata, con la fredda nitidezza delle giornate di inverno in cui il freddo rende limpido e sospeso il tutto. Con i colleghi siamo andati al campo a correre, ma visto il fango lasciato dalla pioggia e neve dei giorni precedenti sulla corsia, abbiamo optato per una corsa fino al parco della Mandria e ritorno. Tutto su strada, passando per il centro di Venaria e per i giardini adiacenti al fiume – il solito giro: bella comunque la sensazione di ieri, con la neve ghiacciata che ad ogni passo scricchiolava sotto le suole, con l’aria fresca che entrava nei polmoni, le vicine montagne imbiancate sullo sfondo e il freddo sole che illuminava il paesaggio.

Ringiovanire 10 anni

Il Corriere di oggi riporta i risultati di una ricerca medica condotta esaminando un campione di gemelli secondo cui viene nuovamente riconfermato (altre info qui) che una attivita’ sportiva consistente (almeno tre ore nette settimanali) contribuisce a rallentare l’invecchiamento del corpo umano (in particolare, si riduce il deterioramento delle strutture terminali dei cromosomi, i telomeri) in maniera significativa, stimata anche in una decina di anni.
E’ un altro valido motivo per correre, anzi – l’unico! … Certo che poi se poi si pensa con quale compagnia si passeranno i prossimi anni 5+7 … qualche ripensamento puo’ venire. 😉

La spazzatura: saggezza di un monaco

Sto ascoltando in questi giorni i podcast degli interventi di Enzo Bianchi tenuti nella passata stagione per la trasmissione radiofonica Uomini e Profeti. Il tema: le tentazioni, dalla lussuria all’accidia, dall’ira alla gola.

Nel brano sull’avarizia (lo stream qui) e sul possesso viene toccato da Enzo Bianchi il problema della spazzatura (facendo riferimento, gia’ a maggio 2007, della situazione indecorosa di Napoli), dei rifiuti personali che ciascuno produce (ca. al 33 minuto) con queste parole:

“.. quando si vedono queste montagne di rifiuti, almeno a me viene in mente una idea, di una follia dell’umanita’ occidentale in questo momento.

Devo dire che qualche volta guardo il secchiello della mia pattumiera che verso, alla fine della giornata, e lo guardo per interrogarmi e dirmi: cosa ho consumato, quanto ho consumato, perche’ ho consumato queste cose piuttosto di altre.

Guardi, devo dire che e’ un esercizio che non e’ moralistico ma da’ la consapevolezza di che cosa vivo, che cosa consumo, che cosa mangio. Perche’ altrimenti noi ormai siamo abituati ad accogliere tutto quello che ci offre il mercato, la bancarella, il supermercato – semplicemente nella misura in cui e’ piu’ attraente lo consumiamo.

Ecco io credo invece … guardare qualche volta.. e che partire qualche volta dalla spazzatura, dalla quantita’ per renderci conto alla fine di cosa viviamo, e’ un’operazione salutare, ci da’ consapevolezza.”

Partenza per la corsa

Oggi piove. Ho appena finito di preparare la borsa da corsa con le scarpe, maglia e calzoncini, e fra poche ore si parte per Torre del Lago, dove domani correro’ la Puccini Marathon (e’ una mezza, anche se non so perche’ continuino a chiamarla marathon.. mah!). Da qualche giorno seguo le previsioni meteo della zona – domenica dovrebbe smettere la pioggia, lasciando solo qualche nuovola in cielo…  Non che la cosa mi preoccupi piu’ di tanto: in allenamento ho gia’ corso sotto la pioggia, chiaramente preferisco senza, ma se dovesse esserci non mi creo problemi: basta sapere adattarsi, come in tutto!

Enzo Bianchi: anche tra i credenti c’e’ chi lavora contro il dialogo

Dall’intervista a Enzo Bianchi a Che tempo che fa prima di Natale, riporto qui il testo di un bel passaggio di forte autocritica verso un modo di vivere e proporre la religione (anche cattolica) – tipica di molti movimenti – che hanno alla loro base “la volonta’ di una chiusura su stessi,essere nella propria identita’ certi e sicuri senza guardare a quella identita’ che portano gli altri.”

“Il dialogo e’ un impegno e una responsabilita’ anche se e’ vero, oggi si ha diffidenza della parola dialogo,
anche all’interno delle religioni, purtroppo anche tra i credenti. Ormai nelle religioni ci sono credenti che lavorano contro il dialogo, dicono che il dialogo e’ una parola ormai indecente, di cui non bisogna fidarsi, perche’ pensano a come tornare a una identita’ dura, una identita’autorefenziale quando ogni identita’nasce e cresce dal confronto, dalla relazione e dal contatto con gli altri.

No,viviamo dei tempi molto difficili per quelli che credono nel dialogo, nel confronto nell’ascolto dell’altro.
Pero’ proprio per questo io credo che questo deve essere un impegno ancora piu’ risoluto.

Noi non siamo addetti a seguire le mode. Oggi il vento tira oserei dire contro il dialogo, contro il confronto, contro la riconciliazione; c’e’la volonta’ di una chiusura su stessi, essere nella propria identita’ certi e sicuri senza guardare a quella identita’ che portano gli altri.”

WordPress: widget

Sto aggiornando ancora il blog,cercando di utilizzare la flessibilita’ offerta dai widget… ma i risultati che finora sto ottenendo variano ancora troppo a seconda del browser utilizzato! acc… ancora da patchare qualcosa negli stili.

Ancora un trasloco.

Ancora un trasloco. Di web. Dopo piu’ di tre anni in cui queste pagine hanno riposato tra le braccia di mamma Google (chissa’, al femminile, forse perche’ un abbraccio e’ donna – o forse perche’ come tale tranquillizza di piu’?) – ho deciso di spostare il tutto sulla piattaforma di blog WordPress.

E’ cambiato il layout, piu’ sobrio – anche se sulla sidebar (qui a sinistra) ho lasciato un po’ di cosette che gia’ avevo.  Il prossimo passo sara’ l’intestazione e poi il passaggio sara’ completo.

Nel frattempo e’ stato utile per apprendere qualcosa di piu’ sia su WP sia su Aruba, il provider che mi ospita.

Genitori iperprotettivi: l’immaturita’, guaio di questi tempi.

Partendo da un fatto di cronaca avvenuto negli usa (una ragazzina tredicenne suicida dopo che il suo ragazzo di sedici anni la lascio’ prendendola in giro), apophenia sviluppa un’interessante analisi sul modo di essere genitori oggi che ho qui di seguito riportato.
L’immaturita’ educativa di molti genitori deriva da una immaturita’ individuale come singole persone, ancor prima che come coppia e famiglia. Ed e’ fortemente legata al modello di societa’ (occidentale) dei consumi per cui l’apparire e il successo, il gradimento agli altri contano piu’ di se stessi.


Much to my dismay, parenting today seems to require absolute belief that you’re child is the best child ever. Many parents think that their child can do no wrong and, thus, are unable to hear critiques of their own children. In some ways, it’s not surprising… people have fewer kids (who are mostly wanted thanks to birth control), inhabit single family homes, and live in a nurture-centric world where their children reflect on them at every level. Doubting one’s child means doubting oneself.

The result of our child obsession is that parents are overprotective. They want to cushion their children from every scratch and get involved in every incident that makes their children feel emotional or physical pain. This is precisely what causes parents to call schools when their child gets a B or ring up other parents when something mean is said on the schoolyard or other symptoms of “helicopter parenting.” Children are not encouraged to struggle through the feelings of pain and hurt and find a solution; instead, parents are expected to get involved and fix it and most enter the ring voluntarily. In these environments, there’s no social solidarity amongst parents and parents are unable to hear criticism about their child. Instead, such critiques are viewed as attacks and are used as weapons when parents want others to control their children their way.