Letto su suggerimento di un amico. Libro dal particolare impianto narrativo: un ragazzo che casualmente scopre una lettera che suo padre gli scrisse molti anni prima di morire. Il racconto si intreccia quindi tra il presente attuale del ragazzo e il passato del racconto del padre. Gradevole l’inizio e la fine, anche se la parte centrale del libro risulta arenarsi qualche volta e perdersi di slancio in dettagli sul telescopio Hubble (l’astronomia era la passione del padre) che sembrano messi piu’ per occupare spazio che per vere esigenze narrative.
Bella storia d’amore, comunque: di un uomo per la sua donna, di un uomo per suo figlio.
Sempre più presso usavamo il pronome noi. E’ una parola strana. Domani farò questo o quello,si dice. Oppure si chiede cosa l’altro deve fare.. Quando usiamo il pronome noi, anche se sottointeso, accomuniamo due persone in una singola azione,quasi come se costituissero una unica entità complessa. In molte lingue si usa un pronome specifico quando si tratta di due, e solo due, persone. Questo pronome si chiama duale, cioè quello che è diviso in due. Secondo me e’ una designazione utile, perché a volte non si è ne’ uno ne’ due. Si e’ noi due. E si e’ noi due come se questo noi non potesse essere diviso. Quando usiamo il duale si introducono dunque regole completamente nuove.